Cessione del marchio
- Dott. Lorenzo Rigoni
- 22 ago
- Tempo di lettura: 2 min
Cessione del marchio e tassazione: la Risposta n. 210/2025 dell’Agenzia delle Entrate
La cessione di un marchio rappresenta una delle operazioni più delicate in ambito fiscale e societario. Spesso ci si domanda se il trasferimento di un marchio registrato e dei relativi diritti di proprietà intellettuale (IP) debba essere considerato come una cessione di ramo d’azienda o come un’operazione distinta, con conseguenze molto diverse sul piano tributario.
Con la Risposta a interpello n. 210 del 19 agosto 2025, l’Agenzia delle Entrate ha fornito importanti chiarimenti, confermando che la cessione del marchio non costituisce cessione di ramo d’azienda, ma va trattata come cessione di beni immateriali soggetta ad IVA.
Cessione marchio: ramo d’azienda o beni immateriali?
Il nodo principale riguarda la qualificazione giuridico-fiscale.
Secondo l’Agenzia delle Entrate, per configurare un ramo d’azienda è necessario che il complesso ceduto comprenda non solo beni e diritti, ma anche organizzazione aziendale autonoma, con:
personale dipendente,
contratti in essere con clienti o fornitori,
strutture operative,
capacità di produrre reddito in autonomia.
In mancanza di tali elementi, la cessione di un marchio e di altri diritti IP (disegni, modelli, diritti d’autore) deve essere considerata come trasferimento di beni immateriali, distinto dalla disciplina del ramo d’azienda.
Trattamento ai fini IVA
Un aspetto cruciale riguarda l’applicazione dell’IVA sulla cessione del marchio.
L’art. 3, comma 2, n. 2 del DPR 633/1972 stabilisce che rientrano nell’ambito IVA le cessioni di beni immateriali e diritti simili.
Pertanto, la vendita di un marchio registrato costituisce una prestazione di servizi imponibile IVA, soggetta all’aliquota ordinaria.
Al contrario, la cessione di ramo d’azienda resta esclusa dal campo IVA, generando effetti completamente diversi.
Imposta di registro
Un ulteriore chiarimento della Risposta n. 210/2025 riguarda l’imposta di registro.
Applicando il principio di alternatività tra IVA e registro (art. 40 DPR 131/1986), la cessione del marchio sconta l’imposta di registro in misura fissa (200 euro) e non proporzionale sul valore dell’operazione, come invece accade nelle cessioni d’azienda.
Implicazioni pratiche per imprese e professionisti
Questa interpretazione ha conseguenze operative importanti:
Vantaggi fiscali: l’assoggettamento a IVA e registro fisso rende la cessione del marchio fiscalmente meno onerosa rispetto a un trasferimento d’azienda.
Chiarezza contrattuale: il contratto deve indicare espressamente che l’oggetto riguarda solo il marchio e i diritti IP, senza elementi organizzativi tipici di un’azienda.
Pianificazione societaria: le imprese possono utilizzare questa impostazione per programmare operazioni di cessione o valorizzazione degli asset immateriali in modo più efficiente.
Conclusioni
La Risposta n. 210/2025 dell’Agenzia delle Entrate ribadisce un principio fondamentale: la cessione del marchio e dei diritti di proprietà intellettuale non costituisce cessione di ramo d’azienda, ma deve essere trattata come prestazione di servizi soggetta a IVA, con imposta di registro fissa.
Per le aziende, ciò significa poter gestire le operazioni di trasferimento dei propri asset immateriali con maggiore certezza normativa e con un carico fiscale più contenuto.
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