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I Dazi di Trump : scenari , riflessi fiscali e riflessioni

  • Immagine del redattore: Dott. Lorenzo Rigoni
    Dott. Lorenzo Rigoni
  • 30 lug
  • Tempo di lettura: 3 min

Nel 2025, la seconda presidenza di Donald Trump ha rilanciato una politica commerciale aggressiva, imponendo ampie tariffe – tanto globali quanto mirate – che hanno colpito soprattutto l’Unione Europea, il Messico, il Canada e altri Paesi, generando una forte instabilità nei mercati internazionali  .




1. La svolta tariffaria del 2 aprile 2025



Trump ha invocato l’International Emergency Economic Powers Act (IEEPA) e ordinato:


  • un dazio del 10% su tutte le importazioni, in vigore dal 5 aprile;

  • una tariffa più elevata, fino al 20% o oltre, per Paesi con deficit commerciale significativo – tra cui l’UE –, dal 9 aprile  .


    Nel frattempo, i dazi su acciaio e alluminio sono stati raddoppiati al 50% il primo giugno  .



L’effetto macroeconomico è stato potente: il tasso medio effettivo dei dazi USA è passato dal 2,5% a circa il 27%, il livello più alto dal secolo scorso  . L’indice S&P 500 è crollato all’inizio di aprile, salvo poi recuperare dopo un rinvio temporaneo delle misure  .





2. L’accordo UE‑USA di luglio 2025



Alla scadenza limite del 9 luglio per evitare dazi fino al 50%, Trump e l’UE hanno siglato un framework commerciale:


  • introduzione di un dazio del 15% su quasi tutte le esportazioni europee, anziché il 30–50% minacciato;

  • in cambio, l’UE si impegna ad acquistare energia USA per circa 750 mld $ e a investire oltre 600 mld $ negli USA nei prossimi anni  .


    Il primo ministro francese ha definito l’accordo una “giornata oscura” per l’Europa, mentre Italia e Germania hanno lodato la sua importanza geopolitica ed economica  .






3. Dazi dal 1° agosto: escalation su UE, Messico e altri



Dal 1° agosto 2025, in assenza di nuovi accordi, Trump ha annunciato l’entrata in vigore di un dazio del 30% su importazioni da UE e Messico  .

Parallelamente, ha indicato l’intenzione di stabilire un “world tariff” uniforme del 15–20% per circa 150 piccoli Paesi  .


Nel contempo, le autorità europee stanno predisponendo contromisure – inclusi potenziali dazi di ritorsione per circa 21 mld € di importazioni USA  .





4. Riflessi fiscali per le imprese italiane




a) Impatto competitivo ed export



Il dazio al 15 % su auto, macchinari, chimica e pharma impatta duramente il prezzo finale negli USA e riduce la competitività sul mercato americano. I settori più esposti – automotive, moda, tecnologia – affrontano margini più stretti e rischi di perdita quota mercato  .



b) Dogane, IVA e valore d’importazione



L’IVA resta dovuta, ma su un valore doganale più elevato per il dazio, quindi l’onere complessivo aumenta proporzionalmente. Le aziende devono rivedere i costi di import/export, riallineare prezzi e sconti sui mercati statunitensi.



c) Pianificazione fiscale e strategia



Per mitigare l’impatto, le imprese italiane valuteranno strategie quali presenza diretta negli USA (filiali o produzione locale), supply chain regionale, diversificazione dei mercati verso Asia o America Latina. È fondamentale sviluppare scenari fiscali e tariffari con consulenti, inclusi modelli di tax planning internazionale.





5. Quadro giudiziario e sostenibilità delle misure



Il 29 maggio 2025, una corte federale statunitense ha dichiarato illegittima l’imposizione globale dei dazi basati sull’IEEPA, bloccando il 10% generale  .

Tuttavia, l’amministrazione Trump ha fatto ricorso e le misure restano in vigore fino a nuovo ordine. Restano intatte le tariffe specifiche su acciaio, auto e quelle individuali programmate con lettere da agosto in poi  .


Critici internazionali evidenziano che le entrate tariffarie – pur recordarie (200 mld $ nella fiscal year 2025) – non sono sostenibili a lungo termine per ridurre il deficit, anche per gli effetti recessivi sulle importazioni e rilanci inflazionistici interni  .





6. Conclusioni



Nel 2025, le politiche commerciali di Trump hanno accelerato una nuova era di tariffe protezionistiche, generando shock su scala globale. L’accordo transatlantico al 15% rappresenta un compromesso per evitare una guerra commerciale, ma il rischio di innesco di dazi fino al 30% resta concreto.


Per le aziende italiane, la sfida è duplice: confrontarsi con prezzi più elevati all’export e valutare nuove strategie fiscali e operative per restare competitive. Una gestione proattiva – partecipáre a negoziati UE, rivedere le catene del valore, accompagnata da una solida pianificazione fiscale – sarà essenziale per affrontare un quadro normativo ancora fluido e incerto

 
 
 

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