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Come reagire ai Dazi USA ?

  • Immagine del redattore: Dott. Lorenzo Rigoni
    Dott. Lorenzo Rigoni
  • 30 lug
  • Tempo di lettura: 2 min

Dazi USA 2025: cosa cambia per le aziende italiane e perché San Marino non è una scorciatoia



Nel 2025 la politica commerciale statunitense è tornata protagonista.

La nuova amministrazione Trump ha introdotto una serie di dazi generalizzati e selettivi che hanno cambiato le regole del gioco per chi esporta verso gli Stati Uniti.

Dal 5 aprile è scattato un dazio del 10% su tutte le importazioni, salito fino al 15% per i Paesi con maggior deficit commerciale con gli USA, tra cui l’Unione Europea. Nel settore acciaio e alluminio le tariffe sono arrivate al 50%.

In luglio, per evitare tariffe fino al 30-50%, UE e USA hanno firmato un accordo che ha fissato un dazio del 15% sulla maggior parte dei prodotti europei. L’intesa è servita a congelare l’escalation, ma il rischio di ulteriori aumenti resta concreto: dal 1° agosto sono già stati annunciati dazi fino al 30% se non verranno rispettate le nuove condizioni commerciali.



Quali sono gli effetti per le aziende italiane?



Per le imprese italiane esportatrici, le conseguenze sono immediate:


  • Aumento dei costi e perdita di competitività: il prezzo finale dei beni venduti negli USA cresce, riducendo il margine e rendendo più difficile competere con prodotti locali.

  • Tensioni sulla catena di fornitura: alcuni clienti americani chiedono di spostare parte della produzione direttamente negli Stati Uniti.

  • Effetti fiscali: il dazio si aggiunge al valore doganale, su cui viene poi calcolata l’IVA in Italia al momento dell’importazione di materie prime o componenti.



I settori più colpiti sono automotive, meccanica, moda, agroalimentare e farmaceutico.



Come reagire? Le possibili strategie



Le aziende italiane possono adottare diverse soluzioni per ridurre l’impatto:


  1. Delocalizzazione parziale


    Aprire filiali o stabilimenti di assemblaggio negli Stati Uniti, per trasformare parte delle esportazioni in “produzione locale”.

  2. Riorganizzazione della supply chain


    Valutare fornitori e lavorazioni in Paesi non soggetti ai dazi, sfruttando eventuali zone di libero scambio.

  3. Controllo delle voci doganali


    Classificare correttamente i prodotti (HS code) può incidere sulle tariffe applicate.

  4. Diversificazione dei mercati


    Espandere la presenza commerciale in aree non colpite dalle misure protezionistiche.

  5. Clausole contrattuali


    Inserire nei contratti con i clienti statunitensi clausole di adeguamento dei prezzi legate ai dazi.




E San Marino? Nessun vantaggio doganale



Molti si chiedono se esportare da San Marino possa essere una soluzione.

La risposta è no: San Marino fa parte di un’unione doganale con l’UE e applica le stesse tariffe. Per gli Stati Uniti, un prodotto di origine italiana o sammarinese è trattato allo stesso modo.

Solo la produzione effettiva a San Marino cambia il Paese di origine, ma questo non evita i dazi, perché gli USA applicano le tariffe a tutti i beni UE.



Guardare avanti



I dazi non sono una misura temporanea: fanno parte di una strategia di lungo periodo di “America First”.

Per le imprese italiane questo significa ripensare processi, forniture e mercati con una visione più internazionale e resiliente.

Una consulenza specializzata – fiscale, doganale e strategica – diventa oggi uno strumento indispensabile per proteggere il valore dell’export italiano

 
 
 

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