Le società agricole : profili di tassazione
- Dott. Lorenzo Rigoni
- 12 mag
- Tempo di lettura: 3 min
Tassazione catastale per le società agricole: un’opportunità da non trascurare
Le società di persone (S.n.c., S.a.s.), le società a responsabilità limitata e le società cooperative che rivestono la qualifica di società agricola ai sensi dell’art. 2 del D.Lgs. 99/2004 possono beneficiare di un importante regime agevolato: la tassazione su base catastale, prevista dall’art. 1, comma 1093, della Legge n. 296/2006.
Si tratta di una finzione giuridica secondo la quale, pur restando il reddito inquadrato come reddito d’impresa, la determinazione avviene secondo i criteri catastali previsti dall’art. 32 del TUIR (reddito agrario).
È un beneficio fiscale di grande rilievo, che rappresenta il completamento del percorso normativo avviato dalla Legge di orientamento del 2001 e proseguito con l’introduzione delle società agricole nel 2004.
In precedenza, infatti, la tassazione catastale era riservata solo a persone fisiche, società semplici ed enti non commerciali.
Questa evoluzione normativa ha favorito la diffusione delle SRL agricole, che coniugano il vantaggio della responsabilità limitata e della personalità giuridica con la possibilità di optare per un regime fiscale più favorevole. Tali società, pur dovendo redigere un bilancio secondo le norme civilistiche, possono scegliere tra:
la determinazione del reddito su base contabile (risultato d’esercizio), oppure
l’opzione per la tassazione catastale, calcolata sulla base dei redditi agrari rivalutati dei terreni.
Questa opzione rappresenta nella maggior parte dei casi un’agevolazione significativa, sia per la riduzione del carico fiscale che per la limitazione dei poteri accertativi dell’Amministrazione Finanziaria. Resta fermo, tuttavia, che tale regime non è applicabile ad attività non riconducibili a quelle di cui all’art. 32 del TUIR.
Inoltre, combinando questa opzione con quella per la trasparenza fiscale, è possibile ottenere un ulteriore vantaggio: il reddito catastale viene tassato direttamente in capo ai soci, e la successiva distribuzione degli utili non è soggetta a ulteriore imposizione. In questo modo, si replica il meccanismo delle società di persone anche in ambito societario con responsabilità limitata.
I limiti dell’esercizio esclusivo di attività agricole
Affinché l’opzione sia legittima, la società agricola deve esercitare esclusivamente attività agricole ai sensi dell’art. 2135 c.c., come chiarito dalla Circolare n. 50/E del 2010.
Sebbene il terzo comma di tale disposizione includa tra le attività connesse anche la commercializzazione non prevalente di prodotti di terzi, dottrina e prassi (ad es. Circolare n. 44/E del 2004) hanno adottato un’interpretazione restrittiva, secondo cui tale attività non è sufficiente, da sola, a far mantenere la qualifica di imprenditore agricolo.
Tuttavia, l’art. 4 del D.Lgs. 228/2001 stabilisce che tutti gli imprenditori agricoli possono vendere al dettaglio, su tutto il territorio nazionale, prodotti agricoli e alimentari di terzi, purché in misura non prevalente rispetto ai prodotti propri.
L’art. 1-bis rafforza questo concetto, prevedendo che gli imprenditori possano vendere prodotti provenienti da altri comparti agronomici, a condizione che siano acquistati da altri imprenditori agricoli e che il fatturato derivante dai propri prodotti sia prevalente.
Apparente contrasto normativo e interpretazione sistematica
Siamo quindi di fronte a una apparente contraddizione normativa: da un lato il Codice Civile limita le attività agricole connesse, dall’altro il D.Lgs. 228/2001 amplia le possibilità operative degli imprenditori agricoli.
La soluzione può essere trovata nel riconoscimento della specialità dell’art. 4 del D.Lgs. 228/2001, che consente di ritenere che la vendita al dettaglio di prodotti agricoli e alimentari acquistati da terzi – nei limiti indicati – sia una tipica attività agricola connessa.
Questo orientamento è anche condiviso da chi scrive: una SRL agricola in opzione catastale, così come una S.n.c. o una S.a.s. agricola, può legittimamente vendere al dettaglio prodotti agricoli di terzi, senza decadere dalla qualifica di società agricola, purché il fatturato prevalente derivi da prodotti propri. In tal caso, i ricavi derivanti da tali vendite devono essere assoggettati a tassazione secondo i criteri del reddito d’impresa.
Attenzione alla vendita all’ingrosso
Diversa è invece la situazione della vendita all’ingrosso di prodotti acquistati da terzi e rivenduti senza alcuna trasformazione o manipolazione.
In assenza della copertura normativa fornita dall’art. 4 del D.Lgs. 228/2001, questa attività non rientra tra quelle agricole di cui all’art. 2135 c.c., e comporterebbe la perdita dei requisiti di società agricola, con conseguente recupero delle imposte su base contabile.
Conclusione
La tassazione catastale rappresenta un’opportunità concreta e vantaggiosa per le società agricole, ma è fondamentale valutare con attenzione la struttura dell’attività svolta, in particolare per quanto riguarda la commercializzazione di prodotti di terzi.
In assenza di indicazioni univoche da parte dell’Amministrazione Finanziaria centrale, la prudenza operativa e la documentazione puntuale dell’effettiva attività svolta sono strumenti essenziali per prevenire accertamenti e contestazioni.
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